lunedì 25 maggio 2009

Immigrazione, quale identita?

L’identità si costruisce attraverso un’interazione in un continuum
sociale e attraverso una “continuità” esperita tra identità passata e presente,
verso una progettazione futura.
La relazione organismo-ambiente (fisico e sociale) nei suoi cambiamenti
richiede una continua adattatività, un processo continuo di elaborazione
delle informazioni e “rielaborazione” continua con “aggiustamenti”
funzionali all’ottimale relazione organismo-ambiente.
Non mi soffermo in questa sede a considerare il percorso di ricerca
in psicologia ambientale ed in psicologia dello sviluppo relativamente
al tema, evidenzierò soltanto la “gestione economica” delle risorse psichiche
nel lavoro continuo di “adattamento relazionale” all’ambiente.
Questo comporta strategie di esemplificazione, euristiche ed errori di
“elaborazione”, su cui potremo soffermarci in sede di discussione.
In questa sede è importante, credo, far riferimento al costrutto generale
della ricerca che ha il pregio di aver messo a fuoco il momento più
importante della “transizione”: il momento iniziale di “impatto” con il
nuovo ambiente, la prima percezione di difficoltà. Questa fase impone
un immediato confronto con il “repertorio di conoscenze” passate che
condizionano la “lettura” della situazione, l’attribuzione di significati e
valori…
Il contesto socio-culturale in cui avvengono le prime esperienze favorirà
l’attivazione di “dissonanze” tra categorizzazioni “passate” e avvenimenti
presenti e richiederà una “revisione” delle strategie cognitive
utilizzate precedentemente, per meglio rispondere a situazioni nuove
che la realtà propone

sabato 23 maggio 2009

Identità già nella scuola dell'infanzia

La determinazione delle finalità della scuola deriva dalla visione del bambino come soggetto attivo, impegnato in un processo di continua interazione con i pari, gli adulti, l'ambiente e la cultura. In questo quadro, la scuola materna deve consentire ai bambini ed alle bambine che la frequentano di raggiungere avvertibili traguardi di sviluppo in ordine alla identità, alla autonomia ed alla competenza.
in relazione a questo aspetto, la prospettiva della scuola dell'infanzia consiste nel rafforzamento dell'identità personale del bambino sotto il profilo corporeo, intellettuale e psicodinamico. Ciò comporta sia la promozione di una vita relazionale sempre più aperta, sia il progressivo affinamento delle potenzialità cognitive.Una tale prospettiva formativa richiede e sollecita il radicamento nel bambino dei necessari atteggiamenti di sicurezza, di stima di sé, di fiducia nelle proprie capacità, motivazione alla curiosità; richiede inoltre l'apprendimento a vivere in modo equilibrato e positivo i propri stati affettivi, ad esprimere e controllare i propri sentimenti e le proprie emozioni, nonché a rendersi sensibile a quelli degli altri. Analogamente, la scuola dell'infanzia rappresenta di per sé un luogo particolarmente adatto a orientare il bambino e la bambina a riconoscere ed apprezzare l'identità personale in quanto connessa alle differenze fra i sessi, ed insieme a cogliere la propria identità culturale ed i valori specifici della comunità di appartenenza, non in forma esclusiva ed etnocentrica, ma in vista della comprensione di comunità e culture diverse dalla propria.

venerdì 22 maggio 2009

Identità Personale

La scelta di iscriversi all’università in questa o quella facoltà, per intraprendere
questo o quel corso di laurea, è una di quelle scelte sentimentali che risultano
determinanti nella costruzione del patrimonio più importante di ciascuno: l’identità personale.
Possedere un’identità ben organizzata e ‘strutturata’ signifi ca riconoscersi ed essere
riconosciuti, saper rispondere, davanti allo specchio, alla domanda ‘chi sono?’,
ma avere a nostra disposizione anche la risposta degli interlocutori con i quali,
con diversi livelli di intensità, dividiamo spazi e tempi della nostra esistenza.

E l’identità è, senza dubbio, ciò che facciamo, ma anche ciò che conosciamo,
le nostre curiosità, i gusti, il carattere e naturalmente i linguaggi e gli apparati
simbolici grazie ai quali comunichiamo, pensiamo e organizziamo la visione e la rappresentazione del mondo e di noi stessi.
L’identità si eredita in piccolissima parte; più che altro si costruisce (o si subisce),
in particolar modo negli anni della vita più dedicati alla formazione, ma anche lungo
tutto il percorso dell’esistenza: se c’è un esempio clamoroso di lifelong learning è
proprio quello che riguarda il processo mai concluso di costruzione dell’identità personale.

giovedì 21 maggio 2009

Identità cultura ed Etnie

il novecento è sicuramente il secolo delle grandi scoperte tecnologiche, queste ultime capaci di sterminare intere aree, se usate nei campi di battaglia. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale l’uomo, sconvolto dalla sua stessa capacità annientatrice, ha cercato di istituire organismi sovranazionali mediatori di conflitti a tutela del primordiale diritto alla vita. Ciò nonostante, già nel 1974, a soli venti anni di distanza, si contavano circa venti milioni di persone che avevano perso la vita non più a causa di conflitti tra grandi potenze ma a causa di lotte tra piccoli gruppi classificati come “ guerre etniche”. Questa visione – di un mappa globale costituita da un puzzle di identità culturali e civiltà che si fronteggiano tra di loro - non riesce però a cogliere la genesi del conflitto e non tiene conto della capacità che in determinate situazioni hanno popolazioni diverse di vivere l’una accanto all’altra. Semmai, la definizione «scontro di civiltà», conflitto etnico o culturale, ci induce a ricondurre il dibattito sulla cultura e sull’identità da un piano esclusivamente culturale a uno politico. L’impressione è che in un mondo sottoposto all’azione del rullo compressore dell’industrialismo, e dell’industrialismo capitalista in particolare, molte differenze culturali spariranno. Forse sarebbe meglio dire che le culture umane tenderanno – come di fatto tendono – ad acquisire sempre più alcuni tratti uniformi. È però anche vero che, per quanto riguarda l’identità etnica, questa ha conosciuto negli ultimi decenni un notevole revival. C’è chi considera questo fenomeno – non importa se etichettato come “risveglio” dell’identità etnica o dell’identità culturale – come un dato tutto sommato positivo, nel senso che, di fronte al timore di una omogeneizzazione planetaria delle culture, queste ultime sembrano reagire incrementando i motivi della propria originalità attraverso una continua auto-re-invenzione. Il “risveglio” dell’identità culturale e legato ai massacri e alle pulizie etniche del mondo contemporaneo in particolare agli effetti di un uso politico di tali concetti, ed è proprio per questa ragione che l’attenzione delle scienze sociali si è spostata sulle scelte politiche. In definitiva dalla Seconda Guerra Mondiale in poi cambiano i modi di attuazione delle strategie politiche dell’identità; se la guerra fredda ha creato un’”unità dei popoli” appartenenti a uno o quell’altro blocco, solo negli anni nella seconda metà del secolo trascorso si svelerà il carattere fittizio delle rispettive unioni. La fine del mondo bipolare ha portato al crollo di molte certezze e della possibilità di trovare delle identificazioni forti. Spostandosi da un piano biologico a uno simbolico, il nuovo razzismo ideologico si è riformulato su basi diverse: si è trasformato in un’enfatizzazione radicale delle caratteristiche culturali. In questo modo diventa più facile, per i sostenitori di tali istanze, aggirare le accuse di razzismo e proporsi, al contrario, come paladini difensori delle specificità culturali che vengono così a prendere il posto delle vecchie, presunte, diversità biologiche.

sabato 16 maggio 2009

Identità multiple


Il fatto che le relazioni fra individui, come pure la loro appartenenza a comunità o a identitàcollettive, non sono più regolate soltanto dalle vicinanze spaziali; il fatto che essere vicini (o lontani) non dà più alcuna garanzia di esserlo anche culturalmente, emotivamente, progettualmente. Questi processi fanno sì che il singolo individuo spesso faccia parte di comunità quanto mai differenti, e che assuma su di sé identità ( appunto) quanto mai differenti. Il mondo oggi non si sta de-spazializzando, ma piuttosto si staavvolgendo in una molteplicità di spazi comunicativi, in cui il simbolico, il geografico, lo storico, il soggettivoformano nodi quasi inestricabili. Questi spazi variano quanto ad ampiezza, natura, scopi, obiettivi, durata, e talvolta sono contrastanti e conflittuali. Allorché l'individuo affronta il problema di abitare insieme questi molteplici spazi, scopre in lui stesso identità quanto mai diversificate e stratificate, e deve mediare fra le tensioni e i conflitti che fra di esse intercorrono. In questo modo, un problema formativo di importanza essenziale è aiutare l’individuo a integrare e a connettere identità di tipo spaziale (l’appartenenza a uno stato, a una regione, a un continente, a una città) e identità di tipo non spaziale, identità puramente individuali e identità collettive, identità antiche e identità nuove. Certo, la sfida alle correnti forme di convivenza è molto forte: le attuali idee di “cittadinanza” e di “nazionalità” sono ancora basate su di un mondo che dava per scontato la prevalenza di identità di tipo spaziale.Tuttavia è solo assumendo fino in fondo la sfida delle identità multiple chela scuola può creare un contesto creativo adatto ai cambiamenti in corso.

venerdì 15 maggio 2009

Psicologia e Identità

Sebbene la nostra attenzione in genere sia prevalentemente rivolta all'esterno di noi stessi, ci sono momenti della vita nei quali non possiamo fare a meno di considerare la nostra identità per riscoprirla o ricostruirla dai suoi frammenti. Sono i momenti nei quali essa viene attaccata, allora ci rendiamo conto di quanto valga, di quanto sia assolutamente indispensabile.Una delle suddette circostanze è il tradimento, non solo quello più classico e doloroso (quello del partner) ma anche quello di un parente, di un amico. Ciò che sentivamo essere un rapporto speciale, nel quale ci fosse profonda conoscenza delle rispettive identità e quindi riconoscimento reciproco delle prerogative personali eccellenti (quel qualcosa di prezioso ed unico che ci caratterizza), ci appare invece come un rapporto qualsiasi. Le insofferenze, le critiche, le reticenze che l'altro manifestava trovano infine spiegazione nel fatto che egli preferisca chi è diverso da noi, apprezzi altre caratteristiche, altri comportamenti, altra identità. L'antagonista reale o ideale che l'altro ci pone davanti rappresenta per noi un bivio: inseguire nuovi valori in una contesa che non abbiamo scelto o riaffermare la nostra identità ricusando un giudice ormai parziale?L'occhio dell'amico, del parente, del partner non ci permette più di rispecchiarci in un'identità eccellente e orgogliosa; al contrario essa ci rimanda un'immagine svilita, «qualsiasi», accettando la quale inquiniamo l'identità stessa.Anche il mondo del lavoro sollecita pesantemente la nostra identità, che in esso cerca attivamente la possibilità di esprimersi. Il lavoro è per quasi tutti gli uomini, ormai anche per buona parte delle donne, ciò con cui si misura il senso della propria utilità sociale. Esso ci fa percepire quanto la nostra identità sia utile, utile a qualcosa che supera il semplice tornaconto economico.Purtroppo nella società attuale non sono molte le funzioni lavorative che non risultino oggettivamente nefaste per gli interessi collettivi e parassitarie dei sistemi naturali. Nell'ambito lavorativo al giudizio personale che ognuno tenta di darsi, con minore o maggiore consapevolezza, si sovrappone il giudizio delle gerarchie; quest'ultimo può valutarci come per varie ragioni inadeguati al contesto competitivo, sottoponendo la nostra identità a pressioni destrutturanti. La dimensione professionale per lo più spreme le identità individuali tentando di ricondurle ad un concetto spersonalizzante: la produttività. Ancor più nella società globalista e consumistica è difficile ritagliare spazi di lavoro in cui vige il rispetto delle persone e l'apprezzamento dell'identità degli individui, anziché della loro semplice funzione. In un contesto così degenerato l'essere umano tuttavia non cessa di volere fortemente un'identità, forse anzi il bisogno che essa venga riconosciuta e valorizzata si fa più intenso e lacerante sia a livello individuale che di gruppo.

IDENTITA' E GLOBALIZZAZIONE

Si rinnova l’appuntamento con il Festival dell’Economia di Trento. Da giovedì 29 maggio a domenica 1 giugno economisti, giuristi, imprenditori, manager, politici, sociologi, giornalisti si confronteranno in pubblico su un tema cardine del nostro futuro: come conciliare identità e globalizzazione al tempo della crisi. Così Tito Boeri, responsabile scientifico del Festival dell’Economia: “Quando l’economia mondiale cresceva a tassi del 5-6 per cento all’anno, in molti si sono chiesti se la globalizzazione avrebbe soffocato le identità nazionali e locali, sopprimendo tradizioni e violando sistemi di valori locali. Oggi che il mondo ha cessato di correre viene da chiedersi se erano preoccupazioni eccessive. Ora abbiamo, in ogni caso, il problema opposto: quello di governare una crisi globale di fronte al rafforzamento di identità locali, riaffermate in contrasto con tutto ciò che sta al loro esterno.”La relazione tra queste due dimensioni è oggi ancora più stringente, poiché le politiche locali devono fare i conti con una crisi che viene da molto lontano". “Infatti - prosegue Boeri - la lezione peggiore e più pericolosa da trarre da questa crisi è che essa sia figlia della globalizzazione e che quindi per evitarne una nuova occorra rendere le nostre comunità un po’ più chiuse.”Insomma a Trento ci chiederemo se le diverse identità locali possano conciliarsi con una identità globale che sostenga la delega di poteri a organismi sovranazionali, di coordinamento fra paesi, come il G20, nella gestione della crisi. Per riconoscersi in una comunità c’è bisogno di sentirsi trattati con equità all’interno di questa stessa comunità. E allora quali regole e istituzioni nazionali e internazionali vanno cambiate per promuovere un senso di appartenenza a comunità più vaste del borgo in cui si risiede? Ma non basta. “Un contributo del Festival dell’Economia 2009 - fa presente ancora Boeri - sarà anche quello di riflettere sulle cause scatenanti la crisi. Capire perché gli economisti non l’avevano, con rare eccezioni, prevista, perché molti banchieri hanno potuto fare il bello e il brutto tempo, indisturbati, perché i politici hanno reagito con tanto ritardo al deteriorarsi delle condizioni macroeconomiche.”Su tutto questo ci chiariranno le idee economisti di indiscusso prestigio provenienti dalle migliori università mondiali. A partire da due Premi Nobel per l’Economia. A Trento il primo sarà George Akerlof che ci spiegherà quanto spesso decisioni importanti siano ispirate dagli “animal spirits” e come uno di questi istinti, un improvviso crollo della fiducia, rappresenti uno dei fattori scatenanti dell’attuale recessione, un fattore con cui i governi senza dubbio devono fare i conti. Il secondo, James Heckman, ci aiuterà a capire come economia e psicologia siano le chiavi per comprendere la nostra identità e personalità.E poi. Al Festival dell’Economia 2009 Tyler Cowen, docente di Economia alla George Mason University, editorialista economico per il New York Times, responsabile di uno tra i più visitati e autorevoli blog del pianeta, farà il ritratto di chi è il nuovo Roosevelt, illustrandoci in che cosa consistono i diversi pacchetti fiscali elaborati dai governi del G20. Alessandra Casella, docente di Economia alla Columbia University sul versante dell’identità rifletterà su come sia possibile realizzare sistemi democratici che combinino la capacità decisionale del sistema maggioritario con misure di protezione delle minoranze. Alberto Alesina, docente di Economia all’Harvard University, partendo dalla constatazione che esistono paesi composti da 11 mila persone e nazioni come la Cina, con più di un miliardo e 300 milioni di abitanti, farà riflettere sulla dimensione ottimale delle nazioni dal punto di vista economico. E quanto riesce l'economia a spiegare di queste tendenze. Roland Benabou, docente di Economia e affari pubblici alla Princeton University si addentrerà nei meccanismi di scelta collettivi che possono spiegare le bolle speculative e il crollo dei mercati borsistici. Anne Krueger, docente di Economia internazionale alla Johns Hopkins School of Advanced International Studies a Washington, forte delle sue prestigiose esperienze ai vertici del Fondo monetario internazionale descriverà come sarà il mondo dopo la crisi. Luigi Zingales, docente di Economia all’Università di Chicago, delineerà quali debbano essere le nuove regole per il futuro dei mercati finanziari, mentre Edward L. Glaeser, docente di Economia all’Harvard University, metterà in evidenza come le nostre conoscenze riflettono l'influenza dei nostri vicini, e come quell’influenza spesso ci induce in errore, primo fra tutti la credenza sui pericoli di diversi gruppi etnici.